Una terra felice e strategica che ha costituito e costituisce un punto di partenza e di svolta per tutti quelli che vogliono andare verso le isole Eolie, Taormina, l’ Etna, Tindari o il parco dei Nebrodi. O per tutti quegli altri che cercano in Sicilia il mito e la storia ma anche accoglienza e servizi. Immaginiamo quali sensazioni doveva evocare questo luogo se il Mito la chiamò “penisola del sole” e collocò sulle sue sponde gli armenti del Dio e la grotta di Polifemo visitata da Ulisse, proprio di fronte alle Isole del Re Eolo custode e governante dei venti. E sempre qui la storia incrociò i destini del Console romano Caio Duilio che vi batté in mare i Cartaginesi e di Ottaviano che sconfísse Pompeo aprendo per Roma il secolo del massimo splendore e potenza. Federico II di Svevia vi eresse uno dei suoi piú importanti castelli che oggi é il piu esteso di tutta la Sicilia.Giuseppe Garibaldi che ultimó la conquista della Sicilia e dormì sugli scalini della chiesa di Santa Maria Maggiore mangiando pane e cipolla come raccontavano i popolani del rione marinaro di Vaccarella. Luigi Rizzo che da questo mare partì per andare ad affondare due corazzate austriache e decidere le sorti della prima Guerra Mondiale.Oggi Milazzo é una lingua di terra emersa che si protende nel basso mar Tirreno per circa sette chilometri verso le Isole Eolie, per le quali é da sempre il porto naturale e privilegiato di partenza. Un grande delta fluviale di circa 30 chilometri, divenuto oggi una grande pianura fertile ricca di falde idriche, collegano la penisola con i monti Peloritani. II bellissimo Castello, monumento nazionale domina l'istmo che collega I'antico Borgo di Milazzo con la Piana.
La bellezza dell'ambiente e dei paesaggi e l'importanza biologica ed ecologica di Milazzo e del suo mare si coniugano felicemente con uno sviluppo economico diversificato che si giova di una agricoltura specializzata e competitiva in particolare nei settori florovivaistici e delle piante subtropicali. Ci si lamenta che le tradizioni artigianali stiano spegnendosi ovunque. A Milazzo non è cosi. Mani sapienti, antiche tecniche, artigiani appassionati proseguono una tradizione felice che trova, nella modernità della scuola d'arte e artigianato che da poco si è insediata all'interno del Castello, una possibilità di sviluppo offrendo l'opportunità ai giovani di trovare un senso del domani in un lavoro qualificato e piacevole. Cornici, dorature, legno, ceramiche, pietra, restauro, vengono poi anche collocate nel vivace settore alberghiero e del relax in città. A Milazzo i visitatori possono trovare alloggio tra alberghi,bed and breakfast e case private. A tutto questo si affiancano diversi ristoranti segnalati sulle principali guide nazionali tra i più "appetitosi" dell'intera Isola.E come non fare una passeggiata dopo cena per le vie di questo centro storico? Troverete un intero e suggestivo quartiere, quello del borgo antico ormai quasi del tutto trasformato dalle decine di locali disseminati tutto intorno al Castello in un luogo dove i giovani e la notte si incontrano. Ma di notte ci sta anche una passeggiata In Marina Garibaldi e nel porto, che di giorno è sede di mille attività. Quello di Milazzo è un porto commerciale e turistico tra i più trafficati del Tirreno ed è anche il luogo ottimale da cui iniziare il giro del centro città, poi proseguiremo verso il Borgo Antico e il Castello. Ci dirigeremo infine verso le meravigliose escursioni sul Capo. II cuore pulsante di Milazzo è certamente questo. Dal porto vedrai subito il Municipio la passeggiata a mare, scandita dalla chiese di San Giacomo, con una palazzata che allinea tanti edifici signorili tra i quali certamente spicca l'appena restaurato Palazzo D'Amico, sede bibliotecaria e di attivitá culturali. Lungo tutto il mare antistante Milazzo si svolgono anche regate veliche di livello e rievocazioni storiche in costume. II baricentro di queste inziative è il quartiere marinaro di Vaccarella ricco di locali tipici e turistici. Nel nostro mare ha luogo ogni anno uno dei riti piú caratteristici della tradizione religiosa locale. La processione di San Francesco da Paola, sulle acque, rievoca la miracolosa traversata che il Santo avrebbe compiuto solcando i mari a bordo dei proprio mantello. La religiosità popolare è molto viva e si ritrova in tanti riti che hanno nella festa di Santo Stefano, nella prima settimana di settembre, il loro momento culminante in una grande festa. In questa occasione la Marina Garibaldi si anima di caratteristiche bancarelle. Torroni, dolciumi e spiritosi venditori rendono la festa particolarmente divertente. Il centro delia città bassa ruota intorno a piazza Caio Duilio. La piazza è scandita da Palazzo Marchese Proto (che fu quartier generale di Garibaldi) e dall'elegante facciata della Chiesa del Carmine. Sulla via Cumbo Borgia si trova il Duomo Nuovo la cui peculiarità è quello di conservare alcune pregevoli tele: un'Adorazione dei Pastori: una bella Annunciazione dal vivace colorismo di influenza veneziana e un S. Nicola in trono con storie della sua vita. Superata piazza Roma ci viene incontro il Santuario di San Papino con un chiostro silenzioso ed evocativo e con elementi di splendido barocco ligneo nell'altare e nel veneratissimo Crocifisso di fra Umile da Petralia. Dal convento di San Papino arriviamo sulla spiaggia di Ponente, lunga e assolata e servita da numerosi lidi. Questo è il luogo del mare e dell'abbronzatura dove tutti si possono divertire. Andando verso l'insenatura del Tono dove una volta si svolgeva il rito cruento della mattanza dei tonni, inizia il possibile periplo del promontorio del Capo. Da qui al nostro sguardo si offrono più di 10 km di anfratti, grotte, calette, spiagge, leggende. É da questi scogli che i ragazzi di Milazzo provano e potenziano il loro repertorio di tuffi entusiasmanti. Per gli appassionati del mare, esiste un altro modo per conoscere il promontorio e godere delle sue ricchezze, circumnavigarlo e guardare sott'acqua. A un miglio dalla Punta del Capo troviamo la "Secca di Ponente" con un fondo che varia dai 10 ai 50 metri. Interessanti squarci fotografici vengono offerti da questa secca con acque limpide e ricche di vita, vi si trovano pareti a strapiombo ricche di anfratti ed archi, dove è facile incontrare l'Anthias, pesce tipico dei mari tropicali (foto di Salvatore Freni) e centinaia di specie marittime. Si tratta di una zona attraversata da intense correnti che portano cibo a tutti gli organismi che crescono sulle pareti rocciose (gorgonie, spugne) oltre che ad una moltitudine di pesce azzurro che staziona intorno alla secca. Nella stessa corrente nuotano grandi e veloci predatori, tonni, ricciole, dentici, lucci di mare che si nutrono del pesce azzurro, chiudendo la catena biologica. Questo è luogo tra l'altro, dello svolgimento di parecchi campionati italiani e mondiali di fotografia subacquea. Il fondale, visibile anche dall'alto, presenta un fondo sabbioso e ricco di praterie di posidonie; la massiccia presenza di una vastissima prateria di posidonia, è un buon indice di salute generale del mare di Milazzo. Ritornando a pelo d'acqua segnaliamo la "Tavola di Baele", così chiamata perchè legata a un antico aneddoto che racconta di un barone milazzese che pranzò con altri commensali, durante la bassa marea, su questo scoglio dalla forma piatta, lasciando in balia del mare i piatti e le posate d'argento. Ecco ora il famoso scoglio del "Carciofo" e l'altrettanto noto Laghetto di Venere.Da qui, tra gabbiani e pescatori dal volto intagliato, in mezzo a scorci davvero indimenticabili, giungiamo al suggestivo "Santuario di Sant’Antonio da Padova", del XIII sec., ricavato in una grotta e anch'esso solcato da profonde rughe inferte dal tempo alla pietra. Sant’Antonio è meta di un frequentatissimo pellegrinaggio popolare nel mese di giugno. Ma oltre che di tradizioni popolari Milazzo è molto ricca anche sotto il profilo del patrimonio architettonico ed artistico. Un rinnovato fervore negli ultimi anni ha messo al centro dell'attenzione la cura, il risanamento e la valorizzazione di questi straordinari beni preziosi per la qualità della vita dei residenti e per il turista. Certo, il culmine di tutto è nel Castello.Avviciniamoci al Borgo Antico che è il quartiere storico sottostante il Castello. Lasciata Piazza Roma da sud, Vaccarella da est o la portella del Tono da ovest che sono le tre vie d'accesso, inoltriamoci nelle stradine della città alta e antica. Andiamo in direzione dell'istmo che separa la città bassa da quella storica e si nota subito il "Quartiere degli Spagnoli", progettato per ospitare la guarnigione e che oggi, dopo lungo abbandono, è stato trasformato in un grande museo archeologico che amplierà il già attivo Antiquarium sito nel vecchio carcere femminile e dove già oggi è visibile buona parte di ciò che un tempo era seppellito. Sopra l'Antiquarium si trova il colle di S. Rocco, punto panoramico per eccellenza su cui sorgono il Convento e la Chiesa dell'lmmacolata e l'antico Fortino dei Castriciani Di fronte si trova il Santuario di S. Francesco da Paola. II Santo giunse a Milazzo nel 1464 invitato dalla città e vi rimase sino al 1467. Fu lui a fondare il Santuario ma la Chiesa attuale è il risultato di radicali trasformazioni più tarde. Tra i numerosi altari laterali è assai pregevole quello addossato alla parete meridionale, opera rococó in legno dorato e specchi intagliati, dedicato alla Madonna col Bambino, che ospita la statua scolpita da Domenico Gagini nel 1465. Tra due Chiese quasi affrontate si erge il Palazzo dei Viceré. La sua semplice e massiccia struttura presenta alcuni particolari architettonici degni di nota, come ad esempio i tre balconi barocchi del lato orientale con i caratteristici "cagnoli": decorazioni zoomorfe ed antropomorfe tipiche nei sottobalconi del barocco siciliano e dovette forse avere qualche modello cosi, l'artigiano che li scolpi. La prima Chiesa vicina è quella di S. Gaetano oggi diruta ma di cui ancora si ammirano la struttura e la cupola che riecheggia motivi tardo bizantini. Di fronte sorge l'altra Chiesa, quella del SS. Salvatore dalla splendida facciata del '700 con un bel portale in tufo accanto al vecchio Monastero delle Benedettine. Ai piedi della scalinata che conduce al Castello si trova il Convento dei Domenicani, sede sino al 1789 del Tribunale della Santa Inquisizione L'attigua Chiesa del Rosario è divisa in tre navate: nella navata sinistra è possibile ammirare la tomba policroma dei Ventimiglia e uno splendido altare ligneo del '500 dedicato a S. Domenico. Dalla piazzetta antistante questa Chiesa possiamo finalmente inoltrarci nel Castello… il cuore del nostro itinerario.La fortificazione ebbe inizio sotto il dominio arabo (tra il IX e il X sec. circa) nel luogo che era stato acropoli ai tempi dei Greci, modificato ed ampliato nell'arco dei secoli. Nella zona più elevata del promontorio di Milazzo, nel corso dei millenni, si sono stanziate numerose popolazioni; sede di un villaggio preistorico forse già a partire dall’età del Tardo Bronzo, divenne in seguito la naturale acropoli dell'insediamento di età classica; fù castrum bizantino e venne poi ulteriormente fortificato dagli Arabi. Assunse l'aspetto di una vera e propria fortezza in seguito agli interventi di Federico II di Svevìa. II complesso che noi ammiriamo oggi è il risultato di secolari trasformazioni che nel tempo hanno visto susseguirsi greci, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi, angioini, aragonesi, spagnoli, inglesi... Entrare nel Castello di Milazzo è come sfogliare all'inverso, dalla fine verso l'inizio, il tempo della storia. Le prime fortificazioni che si attraversano sono le più recenti, quelle della cinta spagnola codificata a metà del '500 (1523-1580). Agli estremi del bastione lungo più di 120 metri, sono due baluardi: quello sud, denominato di "S. Maria", e quello nord detto "delle Isole" o "delle Sette Porte", al cui interno vi è un vero e proprio dedalo di stanze. Superata la prima cinta si accede ad un grande spiazzo di terreno in declivio su cui si erge il Duomo Antico.La prima pietra della nuova Cattedrale fu posta nel 1608. Nel 1678 la Chiesa fu dedicata a S. Stefano, Patrono di Milazzo. I Milazzesi videro presto in rovina la loro splendida Chiesa Madre poiché in seguito all'impresa dei mille, essa fu sconsacrata ed adibita a ospedale da campo. Ebbe cosi inizio un sistematico "smontaggio" con la conseguente distruzione e dispersione di un patrimonio straordinario. Oggi nel corso di un lungo e difficile recupero complessivo di tutto l'insieme del Castello, il Duomo è stato restaurato e, ritrovato l'antico splendore di marmi e scalinate, è stato restituito alla fruizione pubblica e adibito ad auditorium dove si tengono tutto l'anno manifestazioni culturali e turistiche. Un ampio teatro all'aperto di oltre 2000 posti è stato ricavato nello spazio di fronte ai Duomo che è diventato così, per diversi anni, la quinta naturale di uno splendido scenario per i molti spettacoli che qui d'estate sono stati messi in scena. Qui hanno cantato da James Brown a Placido Domingo. Torniamo indietro di quasi due secoli ed entriamo nella seconda cinta: quella aragonese (XV sec.), caratterizzata da cinque torri a tronco di cono, due delle quali, ravvicinate, nascondono il bel portale d'accesso ad arco acuto sormontato dallo stemma dei reali di Spagna, Isabella e Ferdinando. Osservate, sul muro esterno, lo scarabeo, antico simbolo propiziatorio e misterioso che sapienti mani posero a inquietare chi guardasse da ponente.Oltre la cinta aragonese si aprono una serie di spiazzi fioriti e angoli fortificati che con una ripida salita ci conducono all'ingresso del vero e proprio nucleo medievale: il Castello svevo, costruito dall'arch. regio Riccardo da Lentini prima del 1240 per espressa volontà dell'Imperatore Federico II sulle precedenti ma ancor oggi evidenti fortificazioni arabo normanne. Infatti l'ultima e prima in senso cronologico delle tre cinte è quella svevo normanna. Sono 4 torri quadrate poste agli angoli del recinto, due altre, molto più piccole, spuntano appena tra le mura, mentre alla cosiddetta torre saracena, la più antica, è affidala la funzione di "torre-mastra". Questo possente parallelepipedo costituisce il nucleo più antico del complesso fortificato; non si andrà molto lontano dal vero datandolo ad epoca arabo-normanna. La torre presenta nella parte terminale una stretta fascia decorata con mattoni disposti "a spina di pesce". II Cortile del Mastio è certamente uno dei luoghi più suggestivi. E da qui si accede a fughe di sale e angoli con prospettive incantevoli da cui si domina l'intera città.Uno degli elementi architettonici meglio conservati è la Sala del Parlamento, scandita da 5 campate e con i resti di un imponente camino del XIII secolo. Tra le finestre una grandiosa finestra ogivale si apre sulla riviera di ponente e domina la costa da Capo Milazzo a Capo Calavà. Questa sala prende la sua denominazione dall'aver ospitato alcune sedute del Generale Parlamento di Sicilia nel corso della guerra del Vespro. All'interno, la grande sala delle cinque campate, vide riunito il primo Parlamento Siciliano nel 1295. Dalla sommità del castello si può godere un bellissimo panorama sulla baia del Tono, sul Capo,sulla Cittadina,e uno stupendo tramonto sulle isole Eolie.
 L'arcipelago delle Eolie, con le sue sette isole, è la parte emersa di un vasto complesso vulcanico, prevalentemente sottomarino, che si estende per circa 200 chilometri e che costituisce una struttura ad andamento arcuato rivolta, con la sua parte concava, verso il centro del Mar Tirreno. L'origine delle Isole Eolie è da attribuirsi proprio alla loro natura vulcanica. Nate come vulcani sottomarini, emersero in superficie due milioni di anni fa. Gli studiosi hanno individuato delle rocce che risalgono ad un milione e 300 mila anni fa, mentre, sulle isole, lave di circa 500 mila anni. I vulcani più antichi sono quelli di Panarea, Lipari, Filicudi e Alicudi. A Panarea e a Lipari vi sono ancora fumarole e sorgenti termali, mentre ad Alicudi, Filicudi e Salina l'attività endogena è completamente scomparsa. Gli unici vulcani rimasti tuttora in attività sono Vulcano e Stromboli. Per un lungo periodo non si ebbe più alcuna notizia delle attività vulcaniche; le notizie ripartono dal 1500 con una cadenza, quasi regolare, di una o due eruzioni per secolo, di queste ve ne furono alcune prolungatesi anche per anni. 1786 ve ne fu una di grande portata con fuoco, lapilli e cenere, ed un'altra nel 1890 con l'eruzione di blocchi di grandi dimensioni che caddero nell'isola di Lipari. Da allora vi è solo un'attività fumarolica. Stromboli ha invece un'attività eruttiva ininterrotta da almeno due millenni. Definita nell'antichità il "Faro del Tirreno",è possibile vedere i suoi bagliori intermittenti, alle volte con intervalli di circa 20 minuti, anche a grande distanza. Vegetazione caratteristica è quella Mediterranea. Oleandri, mirti, cisti, stipe, eriche, ginestre sono le piante maggiormente diffuse sulle isole eolie. Sono, inoltre, da ricordare gli arbusti aromatici di rosmarino, di timo, di eliotropia e di lentisco. Due piante legnose abbondano in quasi tutte le Eolie: la vite e l'olivo. Il paesaggio vegetale è caratterizzato da colture di oliveti e vigneti, per la maggior parte abbandonate, da formazione di macchia e da vegetazione pioniera. Tra i prodotti che si esportano meritano di essere ricordati i capperi e la malvasia, tipica di Salina e derivata dalle uve locali.Fauna La fauna è molto varia e ricca ed è rappresentata da uccelli e lucertole tra i vertebrati mentre gli invertebrati sono presenti con i Coleotteri Tenebrioni di ed i Molluschi Gasteropodi. Nelle isole, in primavera e autunno, transitano uccelli migratori come pellicani, aironi rossi e cenerini, gru, oche selvatiche, anatidi, cormorani, fenicotteri, quaglie e cigeri. Le specie stanziali più interessanti sono la berta maggiore e la berta minore, chiamata localmente "araghiune". Le acque sono piene di vita: abbondano soprattutto alici, sarde, sgombri, molluschi e crostacei. Tradizionale, anche se con il tempo si va pian piano perdendo è la pesca del tonno e dello spada, che viene praticata a fine primavera a Lipari e a Stromboli. Il clima dell'Arcipelago Eoliano data la scarsità di precipitazioni, la temperatura mite in inverno e non eccessivamente elevata in estate, è notevolmente arido, se pur mitigato dalla piacevole frescura delle brezze marine. Le medie di temperatura vanno dai 13° C. del periodo invernale (gennaio), ai 20° C. della stagione primaverile (maggio), ai 27° C. di quella estiva (luglio) e ai 21° C. di quella autunnale (ottobre). La temperatura media dell'anno è compresa tra i 20° e i 16° C.I venti predominanti nella media annuale sono il Maestrale o Nord-Ovest e lo Scirocco o Sud-Est.
 Capo d’Orlando (Siciliano: Capu d’Orlannu) è un piccolo centro di circa 13,200 abitanti che sorge sulla costa nord della Sicilia, sul Mar Tirreno di fronte alle Isole Eolie. Grazie alla sua posizione, a pochi chilometri dal Parco dei Nebrodi, e alla presenza di circa 7 Km di spiaggia, è diventato punto di riferimento della costa tirrenica tra Cefalù e Milazzo. In origine il paese era chiamato Agatirno o Agatirna, così chiamato in onore di Agatirso, figlio di Eolo, re dei venti e delle isole Eolie, che ne fu il fondatore. Il nome del paese succesivamente variò in Capo d’Orlando, per il suo prominente promontorio che, “separa” il centro cittadino dal borgo di San Gregorio, rappresentante il Capo, ed in onore del paladino Orlando, che come dice la leggenda, sostò a Capo d’Orlando durante una crociata in Terra Santa. Sul promontorio è presente una piccola chiesetta divenuta il simbolo del centro, e i resti di un castello. Quest’ultimo fu costruito per difendersi dalle incursioni dei pirati, ed intorno al 1400 fu in parte distrutto durante una battaglia. Nel 1598 di fronte al Castello fu ritrovata una statuetta raffigurante la Madonna. Tale ritrovamento spinse il popolo a costruire nel 1600 la chiesa sul promontorio, che da allora fino ad oggi è casa della Patrona di Capo d’Orlando: Maria SS. di Capo d’Orlando. La leggenda narra che la statuetta della Madonna fu portata da San Cono Abate, protettore del comune di Naso. L’attuale statuetta è stata ricostruita dopo il furto dell’originale. Dal promontorio è possibile ammirare il centro cittadino ed il suggestivo borgo di San Gregorio, oltre degli incantevoli tramonti, con il sole che fa un tuffo nell’acqua blu e limpida. San Gregorio, luogo in cui Gino Paoli fu ispirato per la scrittura della canzone “Sapore di Sale”, era un borgo di pescatori raggiungibile inizialmente solo tramite mare. Oggi a San Gregorio sono situati il porto di Capo d’Orlando; degli scavi archeologici rappesentanti la zona termale di una villa romana; la torre dei Quadaranini, utilizzata in passato come torre di guardia, risalente al XVI secolo. Inoltre, è possibile percorrere delle stradine immerse nel verde dei Nebrodi per arrivare in collina ed ammirare degli splendidi panorami che hanno come sfondo le Isole Eolie. Queste ultime sono raggiungibili tramite il collegamento diretto con motonave veloce dal porto turistico di Capo d’Orlando, nel periodo da Aprile ad Ottobre; oppure da Milazzo tramite aliscafi o traghetti, collegamento previsto tutto l’anno. Non molto distante dal centro si trova “Villa Piccolo”, risalente all’800 dove ha vissuto Lucio Piccolo cugino e amico di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore de “Il Gattopardo”. La famiglia Piccolo si trasferì intorno al 1930 a Capo d’Orlando e fu lì che Lucio Piccolo scrisse diverse poesie, per poi essere riconosciuto poeta di statura europea. All’interno della villa è presente il museo della fondazione Piccolo, dove è possibile ammirare alcuni manoscritti del poeta, dei quadri, fotografie ed armi antiche. La villa è immersa nel verde di una collina, ed è circondata da un orto botanico all’interno del quale si trova il cimitero dei cani. A testimoniare il gran numero di incursioni effettuate nei secoli scorsi dai pirati vi è un’altra fortezza (castello), che si trova in contrada Malvicino. Tale fortezza è chiamata “Castello Bastione“ la cui data di realizzazione non è documentata. Intorno al XVI secolo il castello con molta probabiltà era utilizzato per proteggere le coltivazioni di “cannamele”, che in quel periodo erano in piena attività, dagli attacchi dei pirati. Da pochi anni il castello è stato ristrutturato e adesso è sede di diversi eventi.
Laguna di Tindari e Spiaggia di Marinello La città ha origini antiche, venne difatti fondata nel 396 a. C. da Dionisio di Siracusa. Inizialmente Tindari era una colonia di mercenari che avevano preso parte alla guerra contro Cartagine e prese il nome di Tindari in onore di Tindaro, re di Sparta. Negli anni a seguire fu un’importantissima base navale (prima guerra punica) e nelle sue acque i romani, guidati dal console Gaio Attilio Calatino, misero in fuga i cartaginesi (battaglia di Tindari 257 a.C.). Insieme alla città di Siracusa passò sotto il dominio dei romani e diventò base navale di Sesto Pompeo. Nel 36 a. C. fu presa da Augusto che la trasformò in colonia romana (una delle cinque dell’isola siciliana). Nel primo secolo d. C. una frana distrusse la “nobilissima civica” (Cicerone) e pochi secoli dopo fu la volta di distruttivi terremoti. Nel 500 arrivarono i bizantini che la trasformarono in sede vescovile e regnarono fino all’836, anno in cui arrivarono gli arabi che la distrussero. Dopo la distruzione araba restò in piedi solo il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari che nel corso degli anni è stato ingrandito e modificato. Tindari è una città siciliana e come la sua isola ha subito diverse dominazioni e diverse influenze culturali che oggi si mostrano orgogliose sotto il sole. Tindari nasconde moltissimi tesori. Nella zona archeologica si trovano i resti della città antica. I primi scavi sono stati effettuati nell’anno 1838-1839 per poi essere ripresi nel 1960 e a seguire. Tra i terreni di Tindari sono stati ritrovati mosaici, sculture e ceramiche che sono ora conservate in parte nel Museo Archeologico di Palermo e in parte nel Museo locale. Questi ritrovamenti, e gli scavi che sono stati fatti, ci parlano del passato di Tindari, di quello che era e di come ha vissuto gli anni durante e varie dominazioni. L’impianto urbanistico della città risale, molto probabilmente, al periodo della sua fondazione ed è a scacchiera con tre strade principali, una delle quali ospitava un teatro e l’agorà (dove oggi si trova il santuario della Madonna Nera). Interessanti sono anche le mura di cinta che si sviluppano per circa tre chilometri e oggi sono in parte visibili. Furono ricostruiti nel III secolo a. C. su delle mura precedenti. La porta principale si trova sul lato sud occidentale ed era fiancheggiata da due torri. L’antico teatro venne costruito alla fine del IV secolo e ristrutturato in epoca romana con nuove decorazioni e diversi adattamenti per i giochi dell’anfiteatro. Questo teatro è stato per lungo tempo abbandonato e riscoperto solo nel XIX secolo. Il teatro sorge nei pressi di una collina nella quale furono scavate delle grandi gradinate che fungevano da sedili e potevano ospitare circa trecento persone. Durante l’epoca romana fu aggiunto un portico e fu ricostruita la scena. L’orchestra fu trasformata in arena. Dal 1956 in questo teatro si svolge un festival con diverse manifestazioni di danza, musica e teatro. I romani oltre i rifacimenti del teatro hanno lasciato anche un intero isolato con diverse abitazioni e ambienti per il commercio. Le case risalgono al I secolo a. C., anche se nel corso del tempo hanno subito diverse modifiche. La “Basilica” è un edificio a due piani del IV secolo che presenta un ampio passaggio centrale con volta a botte diviso in nove arcate.
Il nome della cittadina, sia che derivi dal greco KEFALOIDION o KEPHALOIDIOS, o dal punico KEFA o dal latino CEPHALEDIUM va connesso alla caratteristica forma (una piccola testa) dal promontorio che la sovrasta, la Rocca, ed inogni caso alla sua stessa configurazione geografica. Mancano notizie della sua fondazione, ma più che pensare ad una origine greca o punica, ci pare verosimile pensare ad un centro indigeno sviluppatosi a contatto delle popolazioni che, dalla fne del V sec. a. C., tennero alternativamente la supremazia piu economica che politica, della zona. La città è nominata per la prima volta, solo incidentalmente, dallo storico Diodoro Siculo, il quale riferisce che, nel 396 a. C. il generale cartaginese lmilcone si alleò con gli abitanti del FRORIUM (fortezza) di Kephaloidion. Dopo alterne vicende la città, nel 307 a. C., fu conquistata da Agatocle di Siracusa che le assegnò come governatore Leptine. Nel 254 a. C., fu presa con l'inganno dai Romani e, come CIVITAS DECUMANNA ,entrò a far parte della provincia di Sicilia. Al tempo di Cicerone era sede di un Sacerdote Massimo, e, almeno in età tardo imperiale, disponeva di un porto. In seguito alla caduta dell'Impero romano d'Occidente la città si trasferì, per motivi di sicurezza, sulla retrostante Rocca. La vecchia sede in riva al mare andò progressivamente in rovina anche se non fu del tutto abbandonata come testimonia l'esistenza di un importante edificio di culto cristiano, con pavimento musivo scoperto di recente. Il monumento più importante è certamente il Duomo o meglio Basilica-Cattedrale, intorno a cui si sviluppò l'attuale cittadina. Secondo la leggenda esso sarebbe stato costruito in adempimento di un voto fatto al Salvatore, da Ruggero II il quale, scampato ad una tempesta, approdo a Cefalù. La vera motivazione però e quasi certamentamente politica e militare, come del resto lascia supporre il carattere di fortezza dell'edificio. La facciata e infatti compresa tra due possenti torrioni sormontati da cuspidi piramidali e con merlature diverse, a simboleggiare, si dice, i due poteri, civile e religioso. La stessa caratterizzazione di fortezza si avverte, per altro, nel fianco meridionale sormontato da una merlatura e nell'adozione ricorrente di cunicoli e passaggi che mettono in comunicazione tra loro le torri e le altre parti dell'edificio. Le vicende costruttive sono assai complesse e, se sono innegabili una serie di macroscopiche variazioni del progetto iniziale, e comunque certo che l'edificio non fu mai completato. Uno degli elementi maggiormente caratterizzanti l'habitat dell'attuale Cefalù è la Rocca, un promontorio alto 270 m. sul livello del mare, che offre molteplici spunti di interesse non solo strettamente geografici, ma anche storici e culturali. Su di essa , sono numerose ed importanti testimonianze storico-culturali chene documentano la frequentazione fin da età preistorica, cioè prima che, ai suoi piedi, sorgesse un insediamento di carattere urbano. Le piu antiche testimonianze di vita umana sulla Rocca sono state individuate in due grotte del versante orientale. Ad età protostorica (intorno al IX sec. a. C.), invece, va riferito l'impianto della cisterna, con copertura di tipo dolmenico, che costituisce il fulcro dell'edificio megalitico, comunemente noto come "Tempio di Diana". Questo e un recinto in opera poligonale a grossi blocchi "megalitici", articolato in due vani ai lati di un lungo corridoio al termine del quale si apre, verso Ovest, l'unico accesso,con architrave monolitico elegantemente madanato. L'edificio , a parte la cisterna preesistente, fu realizzato verosimilmente tra la fine del V e gli inizi del IV sec. a. C., all'atto dell'impianto del "frurion" e fu ampiamente restaurato (cfr. gli stipiti modanati ed i due filari superiori) nel II sec. a. C. Dubbia rimane invece la sua funzione , ma è probabile che a quella originaria, sacra, connessa con un culto locale delle acque, se ne aggiunse un'altra, riteniamo , difensiva, di avvistamento e segnalazione, in relazione alla posizione geografica. Cio tuttavia non esclude che l'edificio abbia mantenuto l'originaria funzione sacra, come dimostrano i resti delle chiesette bizantine che vi si impiantarono al di sopra. Proprio in quest'ultimo periodo la Rocca assunse un'importanza maggiore. Consistenti testimonianze visibili sono: le numerose cisterne per le riserve idriche, un'interessante serie di forni (per la panificazione), i ruderi di chiesette (tra cui quella di S.Anna) ,edifici domestici e casermette, nonche i notevoli resti delle mura merlate, recentemente sistemate e valorizzate per una idonea fruizione. Lungo queste mura si apre una sola porta, nel settore sud-ovest, in corrispondenza dell'unico valico facilmente accessibile , protetto, piu a valle, da una seconda linea di fortificazione. In alcune stradine del centro storico si trovano ancora questi simpatici ganci in pietra che servivano, in passato, per legare gli asini d'avanti all'uscio di casa.
Taormina si trova esattamente a circa 200 metri sul livello del mare ed ha una conformazione particolare cha la fa somigliare, nella sua struttura, ad una vera terrazza arricchita da una bella vista panoramica nella quale spicca in maniera prepotente il vicino vulcano Etna. Qui il turismo è attivo tutto l'anno ed è agevolato non solo dalla bellezza culturale e naturalistica tipica della città ma anche da un buon sistema ricettivo e ricreativo e dal tipico calore umano siciliano. Nel corso dei secoli, la città è sempre stata una grossa meta turistica che ha ospitato anche delle personalità celebri, a partire da Guglielmo II di Germania, numerosi scrittori come Goethe, Maupassant, D. H. Lawrence, A. France, Oscar Wilde, Brahms, stilisti del calibro di Dior, nobildonne illustri come Florence Trevelyan, il pittore tedesco Geleng, nobili inglesi e francesi. La bellezza di Taormina ha anche avuto il merito di conquistare numerosi registi che l'hanno scelta come set ideale dei loro film, a partire da Michelangelo Antonioni che proprio in questa città ambientò la sua opera "L'Avventura". Chi è interessato alla visita della città subirà lo stesso fascino che essa ha esercitato sugli uomini illustri appena citati e può scegliere tra varie alternative offerte dalla zona. Il Corso Umberto, che è un pò il grande salotto di Taormina, si anima sin dalle prime ore del mattino. Le coppie passeggiano tenendosi per mano, sostano davanti ai negozi-bazar (che espongono di tutto, dai ricami al ferro battuto, alle sculture in legno, ai souvenir), firmano cartoline nei bar delle piazza. Nel pomeriggio, salgono fino alla sommità della cavea del teatro antico, per godere da lassù lo spettacolo del tramonto (come faceva il francese André Gide, in mantello nero e cappelluccio pendulo). Domani andranno a piedi verso Castelmola, incideranno i loro nomi e la data su un’agave. O scenderanno al mare: basta un po’ di sole per popolare, anche d’inverno, le spiagge di Isola bella, Mazzarò, Spisone. La baia dell’Isola bella”, spiega Saglimbeni, “è ancora quella di Goethe e del Kaiser. Le coppie in cerca di solitudine la preferiscono alle più sofisticate spiagge di Mazzarò e Spisone. Sfrecciano i motoscafi, al largo. Ma i turisti preferiscono ancora le vecchie barche dei pescatori, odorose di alghe e di pece. Si va in gita alla Grotta azzurra, alle rocce del Capo, al lido di Naxos...
Gli edifici attuali si affacciano su vie molto larghe e sono relativamente bassi, proprio perché ricostruiti secondo le norme antisismiche, in modo da limitare i danni causati nel passato dai frequenti terremoti. Nell'ambito delle feste tradizionali, ogni anno, il 13 ed il 14 agosto, ha luogo la "Cavalcata dei giganti", due giganteche statue a cavallo del moro Grifone e di Mata, la mitica fondatrice della città, percorrono Messina. Il giorno dopo, durante la festa dell'Assunta viene portato in giro per la città un grande carro triofale con figure di cartapesta, trainato da più di mille persone. All'inizio questo grande carro non aveva il significato religioso che ha assunto in seguito. Nel Museo Regionale di Messina si possono ammirare due delle ultime opere di Caravaggio. Il pittore sbarcò a Messina di ritorno da Malta, dove si era rifugiato dopo aver ucciso con un coltello un uomo nel corso una rissa a Roma nel 1606. Qui egli aspettò invano il perdono papale, che aveva implorato più volte. Le opere che realizzò nell'isola riassumono lo stato d'animo dell'artista, provato dalla sua esistenza ricca di eventi, dalle forze ormai allo stremo e proiettato verso l'idea della morte. Dipinse l'Adorazione dei Pastori e la Resurrezione di Lazzaro, entrambe caratterizzate dall'immagine della Croce che ritorna, formata dai corpi degli stessi personaggi raffigurati.